giovedì 30 aprile 2009

Quando il creditore è lo Stato

In Italia i ritardi della pubblica amministrazione nel saldare le fatture sono un problema annoso. Che ora, con la crisi e la stretta delle banche, sta diventando drammatico. Industriali, artigiani, commervianti e aziende non-profit lanciano l'allarme.
Questo il tema dell'articolo di Roberto Seghetti su Panorama del 7 maggio 2009, in cui c'è anche la nostra analisi.
Leggi l'articolo di Panorama Panorama_Sergio_D_Angelo.pdf

mercoledì 29 aprile 2009

Campania: meno di tre donne su dieci hanno un lavoro

E’ allarme per l’occupazione femminile in Campania: meno di tre donne su dieci hanno un lavoro, cinque su dieci non lo cercano nemmeno e quasi due su dieci sono disoccupate. L’ultima rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat, riferita allo scorso anno (ma estendibile, con ogni probabilità, a quello in corso) ci consegna un quadro catastrofico della nostra regione, che nel caso delle donne si fa addirittura allarmante. In Campania lavorano un milione 681mila persone, di cui appena 543mila donne, e a Napoli 842mila persone di cui solo 258mila donne. Parlando in percentuale, a Napoli sono occupate quattro persone su dieci e appena il 24% delle donne, e a Caserta va il primato negativo, con appena il 23% delle donne occupate, contro un 66,6% di Bologna. E se è vero che la disoccupazione è in crescita su tutto il territorio nazionale (ad eccezione del Trentino e della Valle D’Aosta) in Campania si registra un aumento tendenziale particolarmente sostenuto, che a Napoli è circa il 2% in più rispetto alla precedente rilevazione. Le donne, lo dicevamo, sono le più penalizzate: il 16,8% di disoccupate contro il 10,4% di uomini. E alla Campania va anche il record negativo del tasso di inattività, quello che considera le persone che, pur essendo in età da lavoro, non ne hanno uno e non lo cercano neppure: il 51,3% contro il 37% in media in Italia e il primato a Caserta, dove quattro uomini su dieci in età lavorativa sono inattivi, e oltre sette donne su dieci, con un tasso di inattività pari a oltre il doppio di quello di Bologna (25,9%). E, infine, la rinuncia alla ricerca del lavoro in Campania è un dato in crescita soprattutto per i giovani tra i 25 e i 34 anni.
Vedi articolo completo di Sergio D’Angelo su IL DENARO di mercoledì 29 aprile 2009:
Il_Denaro_29_aprile_2009.pdf

lunedì 27 aprile 2009

Bilancio del Comune di Napoli: quali risorse per il welfare

Il dibattito sul bilancio del Comune di Napoli ha poca eco nell’opinione pubblica. La stampa ha riportato le legittime reazioni dei responsabili del Teatro lirico che temono un forte taglio dei fondi comunali. L’assessore Oddati ha proposto di prendere soldi dalle “risorse aggiuntive per le politiche sociali” che in realtà la Regione ha stanziato per sopperire ad una parte del disastro finanziario del settore.
La situazione generale è certamente critica, siamo dinnanzi ad una fase difficile della finanza locale per tutti gli enti pubblici ma, dai dati sulle quote procapite per i servizi sociali a quelli sulle condizioni di vita, è indiscutibile che Napoli è una città con alcune centinaia di migliaia di persone in condizioni di forte disagio, oltre la soglia di povertà. La diffusione del forte disagio sociale non giustifica un’inopportuna competizione con rilevanti politiche culturali o con la manutenzione stradale. Certo è che non può ottenere di più chi ha più voce, con i tenori non vi sarebbe competizione !

Vedi articolo di Sergio D'Angelo e Giovanni Laino su LA REPUBBLICA di domenica 26 aprile 2009:
La_Repubblica_26_aprile_2009.pdf

Crisi economica e sociale: l'analisi

L’aumento della disoccupazione, la riduzione dei salari reali, del potere d’acquisto e dei redditi delle famiglie, con l’incremento dell’inflazione stanno colpendo le aree più povere e le categorie più deboli della popolazione. E proprio in questo momento in cui le persone vedono diminuirsi reddito, lavoro e potere d’acquisto, i servizi sociali e le politiche di sostegno alle famiglie, la sanità e la scuola, invece di essere maggiormente sostenute, subiscono un pesantissimo taglio delle risorse. A livello nazionale, parliamo di una contrazione della spesa pubblica che ammonta a circa 5 miliardi di euro per quest’anno e a più di 16 miliardi per il triennio 2009/2011. È stato ridotto il Fondo sociale nazionale e sono previste diminuzioni di oltre 9 miliardi entro il 2011 nei trasferimenti a Comuni e Regioni, che saranno costretti a ridurre i servizi erogati ai cittadini. Questi fattori di rischio stanno mettendo a repentaglio contemporaneamente sia il sistema locale di welfare che le imprese produttrici di servizi sociali. A livello locale, i fattori più consistenti di rischio sono legati ai ritardi dei pagamenti che stanno spingendo sempre di più le imprese a ricorre al credito in una situazione in cui il credito sta subendo una contrazione per la crisi finanziaria e le banche stanno diventando più selettive nei confronti dei loro clienti, con costi sempre più elevati che le imprese sociali sostengono per gli oneri finanziari, a causa dell’allungamento dei tempi di pagamento. La Campania è anche la Regione che spende meno per le politiche sociali.

Crisi economica e sociale: le proposte alla Regione Campania

Per evitare che la crisi economica si trasformi rapidamente anche in una disastrosa crisi sociale bisogna trovare subito soluzioni concrete: la prima di tutte è che la pubblica amministrazione torni ad investire più significativamente nell’impresa sociale. In concreto, proponiamo che, anziché procedere con interventi tampone, la Regione istituisca subito due fondi dedicati. Il primo dovrebbe essere un fondo di garanzia che faciliti l’accesso al credito delle imprese sociali e che, per avere senso su base regionale, deve essere di almeno 5 milioni di euro. Con un moltiplicatore dieci si potrebbe arrivare a ottenere, in convenzione con gli istituti bancari specializzati nel credito al terzo settore, un plafond di 50 milioni di euro. Un secondo fondo dovrebbe essere poi istituito per l’abbattimento degli oneri finanziari: qui occorrerebbero almeno 2 milioni e mezzo di euro, che consentirebbero il dimezzamento degli oneri finanziari sostenuti per gli interessi dalle imprese sociali. Infine bisognerebbe prevedere una sostanziosa riduzione dell’Irap per le cooperative sociali e le onlus, come ha già fatto la quasi totalità delle regioni tra cui, al Sud, la Sicilia e la Basilicata. In una situazione in cui si spende meno per il sociale e i tempi della pubblica amministrazione per i pagamenti sono sensibilmente più lunghi, è assurdo che la Campania continui ad avere l’Irap più elevata d’Italia. Le proposte del gruppo Gesco alla Regione Campania anticipano in qualche modo ciò che è previsto dall’iniziativa Jeremie: un fondo di investimento per il finanziamento delle micro, piccole e medie imprese della Campania, frutto di un accordo tra la Regione Campania e il FEI, il Fondo Europeo per gli Investimenti. L’accordo prevede uno stanziamento di 100 milioni da ciascuna delle due parti (per un totale dunque di 200 milioni di euro) di cui il 10% - quindi 20 milioni di euro – destinato a sostenere le imprese sociali campane.
Vedi articolo Sergio D'Angelo su La Repubblica e intervista su Il Denaro:

venerdì 24 aprile 2009

Povertà: misure insufficienti

Senza suscitare alcuna reazione di stupore e nella quasi indifferenza generale, nel pieno della crisi economica e sociale, arriva la notizia che le politiche nazionali di contrasto alla povertà sono praticamente fallite. E che la povertà al Sud è il doppio che al Nord. Ce lo dice l’Istat con la pubblicazione del suo ultimo “Rapporto sulla povertà assoluta in Italia”, con dati riferiti al 2007. Fin qui nulla di nuovo. L’indagine si basa su una soglia di povertà che corrisponde alla spesa mensile minima necessaria per acquisire un determinato paniere di beni e servizi, e vengono considerate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore di questa soglia. Così, secondo l’Istituto nazionale di statistica, vivono in povertà assoluta (la percentuale di famiglie e di persone povere sul totale delle residenti in Italia) 975 mila famiglie, il 4,1% dei nuclei familiari italiani. Ancora una volta, il fenomeno si conferma maggiormente diffuso nel Sud e nelle isole, dove l’incidenza di povertà assoluta è del 5,8%, circa due volte superiore a quella rilevata nel resto del Paese...
Vedi articolo di Sergio D'Angelo su Il Denaro di venerdì 24 aprile 2009: